Ciliegia, polvere, seggiola. La grande fabbrica delle parole
Io e il libraio a volte rimaniamo senza parole commentando i fatti del mondo. Poi ci guardiamo temendo di essere lontani dalla realtà che non è fatta solo di carta, allora apriamo la porta, respiriamo l’odore di baccalà del negozio accanto e ascoltiamo il suono del tram che fa fermata e di chi l’aspetta a voce alta. La libreria è un posto colorato pieno di possibilità e di parole: è un peccato che restino dentro, bisogna portarle fuori.
Tra il mondo di dentro e il mondo di fuori ci sono due vetrine e nella parte bassa della vetrina di sinistra un libro chiede di essere preso e usato come ponte, ci provo.
Il titolo aiuta non poco: “La grande fabbrica delle parole”, un bambino con un retino sta a guardare in copertina. E’ Philéas, scopro sfogliando la storia, che ha catturato tre parole che “non pronuncerà questa sera, perché vuole conservarle per una persona preziosa.
Domani è il compleanno di Cybelle”.
Philéas e Cybelle vivono in un paese dove le persone non parlano quasi mai, perché le parole vanno comprate e inghiottite, e ci sono parole più care di altre. Insomma, parlare costa, va da sé che chi può comprarle parla tanto, chi non può avere le parole resta muto o le cerca nella spazzatura, hai visto mai… Poi ci sono i bambini con i retini, a prendere parola quando qualcuna svolazza nell’aria, non si sa mai…
E c’è Philéas col suo bottino: riuscirà a comunicare a Cybelle il proprio amore solo con le tre parole che è riuscito a raccogliere?
Ciliegia, polvere, seggiola.
Riuscirà a farsi sentire più di Oscar, il bambino che parla perché i genitori possono comprare le parole, tutte?
Nel paese della grande fabbrica delle parole ci sono i discorsi, le parolacce, le parole sfuse, modi di dire per ogni occasione, perfino parole per ogni stagione e parole in offerta. Temo che molte siano astratte e non tocchino i cuori di chi le compra e pronuncia per bocca. Certo rimangono all’asciutto tutti gli altri, e paiono molti.
I colori delle illustrazioni di Valeria Docampo sono caldi e magnetici, i testi di Agnès de Lestrade perfetti, il formato del libro di Terre di mezzo editore un quadro che dà valore.
A proposito di valore, non riesco a non pensare a un libro stavolta non rivolto ai bambini (come se questo lo fosse:-) ma scritto da adolescenti con il metodo che tanto fu caro a Lorenzo Milani in Lettera a una professoressa, cioè la scrittura collettiva. E che in un’altra Barbiana, quella fondata a Salamanca nel 1974 da Josè Luis Corzo con la casa-scuola di Santiago 1, viene pure usato e spiegato. Si tratta del libro Ridare la parola, che in quarta di copertina riporta:
“La maggiore oppressione si esercita su chi è muto… se il popolo non arriva a possedere la parola, nonostante tutto, continuerà ad essere manipolato”.
Ciliegia, polvere, seggiola. Comincia forse da qui, da poche e concrete parole l’impegno per assicurare consapevolezza di parola e la possibilità di un dialogo d’amore. (Buon san Valentino:-)
Prima puntata, Il potere delle parole
Seconda puntata, Come parlare e scrivere di periferie
Terza puntata, La parola modestia in Alice, il sindaco e… un ciliegio